Le meraviglie del territorio: la chiesa di san Zeno a Castelbaldo (5)

Pieve Santa Maria   è un compatto agglomerato isolato, lungo l’Adige, sul confine del territorio di Verona, dal quale sembra avere ricevuto una qualche influenza vista l’intitolazione primitiva della chiesa. Sorge nei pressi di un attracco fluviale all’Adige e si  trova un po’ discosta da una compatta costruzione, forse i resti di un convento di monaci predicatori.

Esisteva già nel 1696  la chiesa campestre di S. Zeno, che aveva un annesso cimitero per i morti di peste e gli annegati. Nel 1776 fu ampliata e poi intitolata a S. Maria della Neve, ma ancora oggi  tutti la riconoscono come san  S. Zeno. Nonostante i documenti certi che la datano nella storia,  sulle murature del tempietto emergono tracce di un più antico passato: finestrelle di tipo romanico appaiono infatti sulle sul lato sud, assieme a grosse pietre di recupero. Sono chiare inoltre le arcatelle del primitivo cornicione e nel complesso evidenti sono le dimensioni dell’intera antica costruzione. Il tutto avvicina le linee dell’antica chiesetta alle “sorelle” – pievi o piccole parrocchiali del territorio della Sculdascia – costruite intorno all’anno Mille. All’interno, l’altare della Vergine è inserito nel contesto di un Barocco tardo e popolare, mentre la piccola aula è coperta dalle capriate della settecentesca sopraelevazione.

La statua di S. Maria della Neve ora è conservata al museo diocesano di Padova.

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Le meraviglie del territorio: i tesori e la storia di Piacenza d’Adige (4)

chiesettasantonioBNLa storia di Piacenza d’Adige inizia  ufficialmente con la prima citazione riportata su atto pubblico del 25 novembre 1186, giorno in cui Papa Urbano III dà conferma al monastero di S. Maria delle Carceri dei possessi e dei diritti che esso aveva nella Scodosia, nominando appunto una certa “Villa Plancentia”.  Nella variante di “Plagentia” la ritroviamo nel 1220: Federico II imperatore in quell’anno ordina al comune di Padova di non ingerirsi nella giurisdizione degli stati Azzo marchese d’Este.

Nel 1393 i padovani gettano sull’Adige, proprio a Piacenza, un ponte di barche per passare alla conquista di Lendinara, Barbuglio e Cavazzana.

La parrocchia e la prima chiesa di Piacenza d’Adige sono intitolate a S. Antonio Abate. Dapprima essa è menzionata nella visita vescovile del 2 settembre 1448. Poi, la visita del 22 maggio 1683 ci rende noto che la Chiesa è stata consacrata il 5 maggio 1413 da Andrea di Montagna, vescovo di Divrasto nell’Epiro, con licenza e per commissione del vescovo di Padova Pietro Marcello. 

Nel 1783 i periti veneziani rettificarono l’intera zona dell’Adige e situarono Piacenza nella pronunciatissima ansa dell’Adige detta appunto Volta di Piacenza. In particolare la famiglia patrizia veneta Mocenigo, del ramo di San Samuele, tra le immense proprietà fondiarie, sparse intutto il territorio della Serenissima, aveva bonificato vaste aree vallive da cui era derivato il toponimo “Valli Mocenighe”, tra Ponso e Piacenza d’Adige.

palazzomocenigoBNQui il nobiluomo procuratore Alvise Mocenigo (Venezia 1760/1815) si era proposto di riprodurre il modello agronomico da lui realizzato su vasta scala ad Alvisopoli, nel portogruarese, un intero paese “azienda modello” per incrementare non solo la produzione agricola ed industriale ma anche il benessere materiale, culturale e sociale degli abitanti. Mocenigo sposò Lucia Memmo, la figlia di quell’Andrea, provveditore a Padova, ideatore del progetto della risistemazione e riqualificazione del Prato della Valle. E fu così che la zona divenne uno dei luoghi più famosi per la coltivazione del riso, anche per merito del figlio (nato da una relazione di Lucia con un colonnello austriaco e riconosciuto tardivamente come unico erede) il conte Alvise Francesco, come si legge in una   sua supplica presso la Camera Aulica di Vienna, datata 12 novembre 1842: “istituimmo vastissime risaie, erigendo sontuose fabbriche, introducendo macchine nuove per trebbiare il riso e per innalzare e scolare le acque. Si assicurò un perenne lavoro a centinaia di braccia e fece diminuire d’assai il numero dei delitti e delle gravi trasgressioni che purtroppo in quella parte del Distretto di Este si annoverano ogni anno”. Palazzo Mocenigo, villa di campagna della famiglia Mocenigo ramo San Samuele, è un edificio a pianta compatta, formato da una porzione centrale elevata su tre piani e da due brevi ali laterali a due piani. La parte centrale del prospetto è caratterizzata da tre trifore sovrapposte, due aperte su balcone. Nelle porzioni laterali si trovano bifore archivoltate riquadrate. La barchessa – trasformata nei secoli e oggi con le arcate tamponate e aperte con finestre – ha alte arcate a sesto pieno, poggiate sui pilastri e piccole finestre in asse alle chiavi.

 

 

 

 

 

Le meraviglie del territorio: la golena di Piacenza d’Adige (3)

La splendida golena è la terza meraviglia più vicina alla nostra Fattoria didattica.

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Dalla pubblicazione a cura di Stefano Meneghini “il fiume Adige e il suo territorio” 1995: -Giunti a Piacenza d’Adige è d’obbligo percorrere la strada sterrata che corre attorno al grande spazio della golena più grande e più bella dell’intero territorio. Lo spazio interno pianeggiante è utilizzato per le colture estensive che, naturalmente a seconda delle stagioni, offre l’aprirsi di larghi riquadri  a diverse tonalità di colori verdi, gialli e marroni. Rare macchie di scuri cespugli interrompono il paesaggio pianeggiante mentre alberi di salici e di pioppi la delimitano a nascondere i campi coltivati dell’entroterra e lungo la sponda dell’Adige…. Un aspetto particolare è dato da una costruzione rurale, proprio al centro della golena (*)…. Dalla golena di Piacenza fino alla prima curva del fiume Adige l’itinerario prosegue attraverso l’argine sterrato …. Lungo il tragitto ci si imbatte in una costruzione atipica di mattoni: un terrazzamento semicircolare che si affaccia, attraverso le fronde delle alberature, sul letto del fiume Adige-

golena gennaio 2011

(*)nota: la costruzione rurale è stata abbattuta nel 2013, ma noi pubblichiamo una foto fatta  prima della demolizione

Le meraviglie del territorio: l’area marginale di Piacenza d’Adige (2)

E’ appunto la seconda meraviglia nei pressi della nostra Fattoria didattica, in termini di distanza ad appena 300 metri da noi A ridosso dell’argine sinistro dell’Adige, caratterizzata da alcune pozze di piccole dimensioni e solcata,  sia longitudinalmente che trasversalmente, da scoline oltre che dall’alternarsi di piccole macchie boscate ed aree prative paludose. P1000798La vegetazione dell’area prativo- paludosa è composta da elofite (ovvero piante che pur essendo radicate al suolo, vivono prevalentemente con le radici e le gemme ricoperte da acqua, mentre restano aeree foglie e fiori): Cannuccia di palude (Phragmites australis), Carici (Carex sp.), Lisca (Typha sp.), Coltellaccio maggiore (Sparganium erectum), Giaggiolo acquatico (Iris pseudacorus). Nelle pozze e/o nelle scoline è possibile trovare idrofite (ovvero piante il cui fabbisogno idrico è massimo e che si sono adattate a vivere sommerse o galleggianti) di notevole interesse: Fertro (Hottonia palustris), Morso di Rana (Hydrocharis morsus-ranae), Erba pesce (Salvinia natans). In area privata, ma visitabile con accesso dalla strada provinciale 91 in località Contarine, consigliamo la  visita durante nella stagione primaverile.

 

Le meraviglie del territorio: il boschetto sull’argine di Piacenza d’Adige (1)

bosco radoLa prima, la più vicina meraviglia alla nostra Fattoria didattica è senz’altro il boschetto di Ailanthux, Robinie, Sambuchi e Noci. E’ nato fra l’argine e i campi coltivati, è il nostro confine Sud. Noi lo chiamiamo Bosco-Fresco. Le sue dimensioni sono, nel massimo rigoglio dell’estate, di 40 metri per 200 e comprende, oltre agli alberi già citati prima, arbusti e piccole piante (dal luppolo, agli asparagi selvatici, a funghi e tuberi di varia specie). E’ anche abitato da piccola fauna locale: lepri e fagiani, picchi e civette, barbagianni, egrette, upupe e usignoli (solo quelli che abbiamo visto e sentito di sicuro …).  P1020109

E’ un luogo particolare, pieno di piccoli angoli da cui, nelle giornate di sole, s’insinua  in filigrana la luce; altri che raccontano storie di sorgenti e fontanazzi.   Trovate radure e spiazzi,  tappeti di more selvatiche e grovigli di luppolo, brevi tratti battuti che portano verso la nostra zona degli stagni, oppure verso lo spiazzo dove abbiamo sistemato le rose rampicanti.Un gioiello selvatico incastonato tra noi e l’argine, nato nel corso degli anni dal raccogliersi di buona terra portata dall’Adige sopra la sabbia del fiume. Una meta da non lasciarsi sfuggire, nel bel percorso in bici o a piedi che va da Este a Badia Polesine.