La storia di Piacenza d’Adige inizia ufficialmente con la prima citazione riportata su atto pubblico del 25 novembre 1186, giorno in cui Papa Urbano III dà conferma al monastero di S. Maria delle Carceri dei possessi e dei diritti che esso aveva nella Scodosia, nominando appunto una certa “Villa Plancentia”. Nella variante di “Plagentia” la ritroviamo nel 1220: Federico II imperatore in quell’anno ordina al comune di Padova di non ingerirsi nella giurisdizione degli stati Azzo marchese d’Este.
Nel 1393 i padovani gettano sull’Adige, proprio a Piacenza, un ponte di barche per passare alla conquista di Lendinara, Barbuglio e Cavazzana.
La parrocchia e la prima chiesa di Piacenza d’Adige sono intitolate a S. Antonio Abate. Dapprima essa è menzionata nella visita vescovile del 2 settembre 1448. Poi, la visita del 22 maggio 1683 ci rende noto che la Chiesa è stata consacrata il 5 maggio 1413 da Andrea di Montagna, vescovo di Divrasto nell’Epiro, con licenza e per commissione del vescovo di Padova Pietro Marcello.
Nel 1783 i periti veneziani rettificarono l’intera zona dell’Adige e situarono Piacenza nella pronunciatissima ansa dell’Adige detta appunto Volta di Piacenza. In particolare la famiglia patrizia veneta Mocenigo, del ramo di San Samuele, tra le immense proprietà fondiarie, sparse intutto il territorio della Serenissima, aveva bonificato vaste aree vallive da cui era derivato il toponimo “Valli Mocenighe”, tra Ponso e Piacenza d’Adige.
Qui il nobiluomo procuratore Alvise Mocenigo (Venezia 1760/1815) si era proposto di riprodurre il modello agronomico da lui realizzato su vasta scala ad Alvisopoli, nel portogruarese, un intero paese “azienda modello” per incrementare non solo la produzione agricola ed industriale ma anche il benessere materiale, culturale e sociale degli abitanti. Mocenigo sposò Lucia Memmo, la figlia di quell’Andrea, provveditore a Padova, ideatore del progetto della risistemazione e riqualificazione del Prato della Valle. E fu così che la zona divenne uno dei luoghi più famosi per la coltivazione del riso, anche per merito del figlio (nato da una relazione di Lucia con un colonnello austriaco e riconosciuto tardivamente come unico erede) il conte Alvise Francesco, come si legge in una sua supplica presso la Camera Aulica di Vienna, datata 12 novembre 1842: “istituimmo vastissime risaie, erigendo sontuose fabbriche, introducendo macchine nuove per trebbiare il riso e per innalzare e scolare le acque. Si assicurò un perenne lavoro a centinaia di braccia e fece diminuire d’assai il numero dei delitti e delle gravi trasgressioni che purtroppo in quella parte del Distretto di Este si annoverano ogni anno”. Palazzo Mocenigo, villa di campagna della famiglia Mocenigo ramo San Samuele, è un edificio a pianta compatta, formato da una porzione centrale elevata su tre piani e da due brevi ali laterali a due piani. La parte centrale del prospetto è caratterizzata da tre trifore sovrapposte, due aperte su balcone. Nelle porzioni laterali si trovano bifore archivoltate riquadrate. La barchessa – trasformata nei secoli e oggi con le arcate tamponate e aperte con finestre – ha alte arcate a sesto pieno, poggiate sui pilastri e piccole finestre in asse alle chiavi.